Sono i cosiddetti "nativi digitali"Ìýo generazione Z: giovani nati tra la fine degli anni '90 e l'inizio del 2010, che sono le nuove e future leve del mercato del lavoro. ProfessionalmenteÌýparlando, sono ritenutiÌýmeno preparatiÌýe più volubili rispetto ai loro predecessori. Mito o realtà ? Quali sono le aspirazioni di carriera di questa generazione e cosa possono fare le aziende per preparare questi giovani alle esigenze del mercato del lavoro internazionale?
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Cosa dicono i datori di lavoro
UnoÌýÌýcondotto su quasi 1.000 reclutatori e manager evidenzia dati preoccupanti: il 75% delle aziende afferma che alcuni, o tutti, i neolaureati assunti nel corso dell'anno non soddisfano le loro aspettative. 6 aziende su 10 ne hanno addirittura licenziato uno durante l'anno.
Mancanza di esperienza professionale o gap generazionale? Perché i professionisti più esperti non sono soddisfatti della Generazione Z?
Priorità assoluta all'equilibrio tra lavoro e vita privata
Sono finiti i tempi in cui la vita privata passava in secondo piano. La Generazione Z vuole flessibilità sul lavoro (negli orari, con possibilità di lavorare da remoto), un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata e una maggiore attenzione al benessere personale. Lo conferma un'indagine condotta da Deloitte su 22.800 giovaniÌýappartenenti a questa generazione: l'equilibrio tra lavoro e sfera privata è in cima alla lista delle priorità .
Capacità relazionali non sempre all'altezza
I datori di lavoro che hanno partecipato all'indagine hanno scoperto che mentre la Generazione Z eccelle nella padronanza della tecnologia e delle competenze digitali, le loro capacità interpersonali e di comunicazioneÌýlasciano a desiderare.
Ecco cosa dice Huy Nguyen, un consulente per loÌýsviluppo della carriera. I giovani laureati dovrebbero iniziare osservando e comprendendo la cultura aziendale, e il modo in cui i colleghi interagiscono. Ma non è sempre così. Il 54% degli intervistati afferma che i giovani assunti non sono inclini al confronto o si lasciano influenzare facilmente. Più della metà ritiene che le loro capacità di comunicazione interpersonale siano scarse.
Questa attitudine non collima con gli incarichi di lavoro all'estero, dove la sensibilità culturale, la negoziazione e le relazioni interpersonali sono fondamentali.
Riluttanza a prendere impegni a lungo termine
La Generazione Z viene spesso descritta come una generazione che preferisce fare più esperienze lavorative, cambiando spesso azienda, a differenza dei dipendenti più anziani che cercano la stabilità di un impiego a lungo termine.
Il rapporto Deloitte conferma questa tendenza: la generazione Z si orienta verso modelli di lavoro meno tradizionali, cambiandoÌýpiù aziendeÌýse necessario, lavorando a tempo parziale o con un modello di nomadismo digitale. Questa modalità è controproducente per le aziende internazionali, che puntano ad ingaggi di minimo tre anni.
La domanda di professionisti stranieri resta alta!
Nonostante l'insoddisfazione rilevata nell'indagine di cui sopra, molti Paesi sono alla ricerca attiva diÌýgiovani talenti internazionali.
Bisogno di forza lavoroÌýin molti settori
Molti settori all'estero sono sotto organico, soprattutto quello sanitario.
Svizzera, Germania, Canada, Emirati Arabi Uniti, tra gli altri,Ìýsono alla perenne ricerca di medici e operatori sanitari stranieri. Altri ambiti che necessitano di forza lavoro sono quelliÌýdella ristorazione, dell'ingegneria e della tecnologia.
Politiche per trattenere i giovani laureati stranieri
Riconoscendo il potenziale dei giovani lavoratori con una buona formazione, diversi Paesi hanno attuato delle misure per trattenere i laureati stranieri, offrendo loro dei visti specifici e la possibilità di ottenere la residenza permanente.
Il Canada, ad esempio, ha un programma di permessi di lavoro post-laurea che consente ai laureati stranieriÌýdi lavorare sul territorio dopo aver completato gli studi. Questo è il primo passo per ottenereÌýla residenza permanente.
Anche la Germania ha semplificato le procedure di rilascio dei visti per i lavoratori qualificati e gli studenti internazionali, offrendo ai laureati la possibilità di fare esperienza lavorativa e di rimanere nel Paese sul lungo periodo.
Come ci si adatta alla Generazione Z?
Adattarsi alle nuove leve significa anche riflettere sull'organizzazione e sui valori che caratterizzano un'azienda. È un aspetto essenziale, se vogliamo continuare a evolverci in un ambiente aziendale dinamico e globalizzato.
Offrire un certo grado di flessibilità organizzativa
Quali sono leÌýpoliticheÌýaziendali in merito a questo punto? I dipendenti devono necessariamente essere tacciati di non fare abbastanza solo perché lavorano da casa? Quali sono i compiti che devono essere necessariamente svolti in ufficio, per dareÌýrisultati sicuri? Si tratta di domande che bisogna porsi, se si vuole che l'azienda funzioni in modo ottimale e risponda al desiderio di flessibilità della generazione Z.
I contratti classici di espatrio, della durata di 3 anni (estendibili a 5 anni), dovrebbero essere rivisti? Incarichi di breve durata all'estero (da 6 a 12 mesi), basati su progetti specifici, potrebbero consentire ai giovani professionisti di acquisire un'esperienza preziosa senza richiedere un impegno a lungo termine.
Dare valore all'apprendimento e allo sviluppo
Secondo l'indagine Deloitte, oltre all'equilibrio tra lavoro e vita privata,Ìýi fattori principali che influenzano le scelte della generazione Z quando devono scegliere un datore di lavoro sonoÌýle opportunità di apprendimento e di sviluppo eÌýla retribuzione.
L'azienda offre opportunità di formazione continua e quali sono le opportunità di sviluppo personale e professionale? Che supporto viene fornito agli espatriati (formazione sulla leadership e sulle competenze interculturali)? Sono tutte domande che un'organizzazione deve porsi se vuole sostenere lo sviluppo dei propri dipendenti e avere un impatto sulla loro soddisfazione a lungo termine.
Enfatizzare la finalità degli incarichi offerti
Un altro dato emerso dall'indagine di Deloitte è che la generazione Z è guidata non solo dal desiderio di crescita personale, ma anche dalla ricerca di un senso.
L'86% degli intervistati ha dichiarato che, avere un obiettivo in linea con i propri valori, favorisce la soddisfazione e il benessere sul lavoro. Per alcuni si tratta di avere un impatto positivo sulla società o sull'ambiente, per altri di avere un'idea più chiara dello scopo del proprio lavoro.
Non tutte le aziende possono avere un impatto diretto sulla società o sull'ambiente, ma i datori di lavoro - e molti lo fanno già - possono impegnarsi nel sostenere una causa benefica o limitare l'impatto della loro attività sull'ambiente.
Una cultura aziendale forte dovrebbe trasmettere valori in cui i giovani dipendenti possano identificarsi.