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Come i controlli sui social media possono influire sulle richieste di visto

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Nopparat Khokthong / Shutterstock.com
Scritto daHelena Delbecqil 07 Ottobre 2024

I reclutatori valutano spesso la tua presenza online. Che tipo di contenuti condividi su Instagram o Facebook? Il tuo profilo LinkedIn è aggiornato? Devi sapere che alcuni Paesi, durante il processo di convalida del visto, esaminano la tua attività sui social media. In che modo questo potrebbe influenzare la tua richiesta di permesso di soggiorno? A cosa devi fare attenzione?

Paesi che controllano i tuoi contenuti sui social media

Gli Stati Uniti

Gli Stati Uniti specificano chiaramente che chi richiede il visto deve fornire il nome utente di tutte le piattaforme di social media utilizzate negli ultimi cinque anni, come Facebook, X, Instagram, YouTube e LinkedIn. Questo requisito mira a individuare eventuali minacce alla sicurezza nazionale, in particolare per quanto riguarda possibili attività terroristiche. Anche l'espressione di opinioni estremiste e il coinvolgimento in comportamenti illegali possono comportare il rifiuto del visto.

Nel 2020, a uno studente palestinese che era stato ammesso ad Harvard è stato negato l'ingresso negli Stati Uniti dopo che i funzionari dell'immigrazione hanno esaminato i suoi contatti sui social media. Sebbene non avesse postato contenuti controversi, tra suoi contatti c'erano persone che avevano diffuso materiale antiamericano e il suo visto è stato revocato. Nonostante abbia detto di non approvare con quel tipo di contenuti, nè avendoli mai condivisi sulle sue pagine, la sua domanda è stata respinta.

Australia

Le politiche australiane in materia di immigrazione sottolineano l'importanza della "buona reputazione" del richiedente, che include l'esame dell'attività sui social media. Chi richiede la residenza permanente, un visto di lavoro a lungo termine o un visto per studenti può essere soggetto a un esame dei social media per valutare la sua idoneità a entrare nel Paese.

Interpellato, un avvocato specializzato in immigrazione ha esposto il caso di un visto studentesco. Se i social media di uno studente mostrano che lavora a tempo pieno mentre è in possesso di un visto per studenti, questo potrebbe portare all'immediata revoca del visto per violazione delle norme di legge. Inoltre, nel caso di un visto per partner o coniugi, i social network del richiedente possono essere analizzati per verificare l'autenticità del legame di coppia.

Area Schengen

Secondo le ultime notizie, i controlli sui social network dei richiedenti un visto Schengen potrebbero intensificarsi. La decisione non è stata ancora confermata, ma la polizia tedesca ha proposto, seguendo l'esempio di Stati Uniti e Australia, di controllare gli account dei social network di chi fa domanda per un visto Schengen. L'obiettivo principale, secondo le autorità tedesche, è quello di scongiurare il rischio di frode.

Anche altri Paesi, come il Canada e il Regno Unito, effettuano questo tipo di verifica sui social network, ma in modo meno sistematico rispetto agli Stati Uniti.

La natura controversa dei controlli sui social media

I profili sui social media sono di per sé pubblici, eppure il loro utilizzo come criterio per le decisioni sui visti ha sollevato numerose preoccupazioni tra i gruppi di difesa dei diritti dei cittadini. L'approccio americano è particolarmente controverso.

Secondo il Brennan Center for Justice, un'organizzazione indipendente dedicata alla difesa dei valori democratici e dei principi giuridici, il controllo dei social network può incorrere in problemi di interpretazione, soprattutto quando i post sono in lingue diverse dall'inglese o provengono da contesti culturali specifici.

A un cittadino britannico, ad esempio, è stato negato l'ingresso all'aeroporto di Los Angeles dopo che la Sicurezza Nazionale ha frainteso un suo tweet che parlava di “dissotterrare la tomba di Marilyn Monroe”, che in realtà era un riferimento a un programma televisivo. Quando il processo di verifica è automatizzato, l'interpretazione dei social media è ancora più complessa, perché spesso si basa su ricerche di parole chiave che producono risultati non pertinenti. E' quello che è successo alla polizia statunitense quando, a seguito di ricerche online per sventare minacce di attentati dinamitardi, tra i risultati si è trovata i contatti di pizzeria "esplosive" (vale a dire che fanno una pizza buonissima).

L'archiviazione prolungata di grandi quantità di dati personali, non necessariamente legati a una sospetta attività criminale, comporta anche rischi per la privacy e legati all'uso improprio dei dati, minando i principi della privacy nelle società democratiche. 

Come andare sul sicuro quando si richiede un visto

Quando si richiede un visto, ad esempio un visto per lavoratori qualificati, è fondamentale assicurarsi che il proprio profilo LinkedIn sia aggiornato e che corrisponda alle qualifiche e alle esperienze elencate nella domanda. Eventuali discrepanze nel percorso professionale, nei risultati scolastici o nei dati personali possono far scattare un campanello d'allarme e ritardare l'elaborazione del visto.

Gestisci le impostazioni della privacy sui tuoi social network. Considera, ad esempio, di impostare il tuo account Instagram su privato, in particolare se pubblichi contenuti personali o politicamente sensibili. Le autorità per l'immigrazione non ti chiederanno le password; possono visionare solo ciò che è disponibile pubblicamente.

Prima di presentare una domanda di visto, controlla ed eventualmente cancella vecchi post che potrebbero essere considerati offensivi, controversi o non coerenti con il profilo che descrivi nella tua domanda. Questa accortezza riguarda soprattutto i post pubblicati negli ultimi cinque anni. Rimuovere i contenuti potenzialmente sensibili è una soluzione più prudente rispetto a non fornire i dati dei tuoi social media durante la procedura di richiesta del visto per gli Stati Uniti, perché l'inosservanza potrebbe comportare il rifiuto della domanda.

Formalità burocratiche
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A proposito di

Titolare di una laurea del Ministero dell'Istruzione francese e di un Master II in Politica linguistica, ho avuto l'opportunità di vivere in Giappone e Cina e attualmente risiedo in Germania. Le mie attività ruotano attorno alla scrittura, all'insegnamento e alla gestione di programmi.

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